La scoperta della rete nanotubulare dendritica

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXII – 01 novembre 2025.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La scorsa settimana ci siamo limitati a dare la notizia della scoperta di un mezzo di comunicazione interneuronica a struttura nanotubulare, oggi, dando seguito alle richieste di approfondimento che abbiamo ricevuto, dedichiamo allo studio di Minhyeok Chang e colleghi una recensione che ci consente di spiegare anche ai più giovani e meno versati nello studio della neurobiologia il valore straordinario di questa nuova acquisizione.

La comunicazione interneuronica avviene attraverso le sinapsi, strutture altamente specializzate a cui, fin dai tempi di Sir John Eccles e la sua scuola, è stata dedicata una branca di studi biologici, la sinaptologia, prima che la neurobiologia assumesse lo statuto di disciplina indipendente. Anche se lo sviluppo tra le cellule nervose di questa forma altamente specializzata di comunicazione, che media attraverso due tipologie principali (sinapsi chimiche e sinapsi elettriche) la trasmissione dell’impulso nervoso dalla membrana del neurone presinaptico a quella del neurone post-sinaptico, non esclude l’esistenza delle altre forme più semplici e ordinarie di giunzioni tra cellule che consentono il passaggio di ioni e molecole, in ambito neurobiologico l’attenzione è stata sempre rivolta al paradigma sinaptico. Analizzare le sinapsi sotto tutti gli aspetti strutturali e funzionali, dall’architettura molecolare alle dinamiche evolutive, è stato come immergersi nella comprensione di una logica seguita dalla biologia nel corso dell’evoluzione; e tale immersione ha premiato i biologi con la scoperta delle sinapsi del sistema immunitario. Si trattava di aver compreso un paradigma: una traccia che aveva consentito di scoprire la gliotrasmissione, definendola sulla base comparativa della neurotrasmissione sinaptica.

Eppure continuavano ad essere analizzati fenomeni – il più rilevante dei quali era la propagazione di peptidi patologici – in cui la massiccia, estesa o pervasiva diffusione non era spiegata o sperimentalmente provata in termini di passaggio trans-sinaptico. Gli scambi neuroni-astrociti e neuroni-oligodendrociti costituiscono ormai branche della ricerca e del sapere neurobiologico ben consolidate e – mi si consenta di dire – non considerate in grado di riservare grandi sorprese. Dunque, l’attenzione è sempre tornata sulle sinapsi, come giunzione intercellulare e come unità alla base dei nodi che legano sistemi neuronici in reti locali e globali.

Dati recenti hanno dimostrato l’esistenza di rotte non canoniche di comunicazione interneuronica lungo le quali si aveva il passaggio di Ca2+ ed altri ioni, peptidi β-amiloidi e interi organuli citoplasmatici come i mitocondri.

In altri sistemi biologici, il trasporto intercellulare a lungo raggio è mediato da ponti di membrane ultrasottili noti come nanotubi. Tali strutture possono trasportare una vasta gamma di materiali, dagli ioni più piccoli (10-10 m) ai più grandi mitocondri (10-6 m).

Nonostante la potenziale importanza dei nanotubi, la loro natura estremamente fragile e velocemente dinamica, oltre che la mancanza di marker specifici, ha reso il loro studio nei tessuti estremamente difficile, così che la loro esistenza nelle cellule nervose del cervello, prima ancora del loro ruolo fisiologico extra-sinaptico, è rimasta fra le ipotesi ragionevoli prive di prove sperimentali.

Chang e colleghi, pur in assenza di prove, hanno formulato un’ardita ipotesi di lavoro, che andava oltre l’esistenza di ponti nanotubulari tra due neuroni, e postulava che “una rete di questi nanotubi formi un livello aggiuntivo di connettività neuronica, operando parallelamente alle sinapsi”.

(Chang M. et al., Intercellular communication in the brain through a dendritic nanotubular network. Science – Epub ahead of print doi: 10.1126/science.adr7403, 2025).

La provenienza degli autori è la seguente: The Solomon H. Snyder Department of Neuroscience, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Department of Cellular Neurobiology, Graduate School of Medicine, the University of Tokyo, Tokyo (Giappone); Department of Psychiatry and Behavioral Sciences, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA); Department of Biomedical Engineering, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA).

Qui di seguito si riporta, per una sintesi dello studio, il testo della “Notula” pubblicata la scorsa settimana.

Minhyeok Chang e colleghi, impiegando la microscopia elettronica in super-risoluzione su tessuto cerebrale di topo, hanno evidenziato nanotubi dendritici che collegano fra loro neuroni piramidali della corteccia visiva primaria. Nei neuroni in coltura, gli autori dello studio hanno osservato questi nanotubi formarsi dinamicamente, e hanno potuto verificare che avevano una specifica struttura interna che consente di distinguerli da ogni altro elemento o formazione che sporge dal profilo cellulare del neurone.

Da un punto di vista funzionale questi nanotubi creano una via di passaggio di segnali di Ca2+ da un neurone all’altro. Bloccando la formazione dei nanotubi, infatti, si arrestava il trasferimento non-sinaptico di questi segnali. Per verificare se queste nanostrutture fossero in grado di trasportare molecole patogenetiche, i ricercatori hanno iniettato peptidi beta-amiloidi (βA) umani implicati nella malattia di Alzheimer in un singolo neurone in una sezione sottile di tessuto cerebrale di topo. I peptidi si diffondevano presto ai neuroni circostanti, e tale propagazione si interrompeva quando era inibita la formazione di nanotubi, confermando che queste nanostrutture costituiscono il mezzo del passaggio macromolecolare patologico.

I ricercatori hanno poi indagato il ruolo di questi nanotubi dendritici in un modello murino di malattia di Alzheimer. La rete formata dall’insieme di questi nanotubi (nanotube network) era già alterata nelle primissime fasi del modello sperimentale della patologia degenerativa, anche prima della formazione delle placche amiloidi. Il modello computazionale adottato supportava questi risultati, indicando che l’iperattivazione della rete nanotubulare può accelerare l’accumulo tossico di amiloide in specifici tipi neuronici, fornendo un potenziale collegamento in termini di meccanismo tra le alterazioni nanotubulari e la progressione della patologia di Alzheimer”.

In questa presentazione più dettagliata dello studio vogliamo sottolineare il fatto che la difficoltà di osservazione di queste nanostrutture evanescenti aveva indotto altri ricercatori, in precedenza, ad abbandonare l’impresa o a escluderla privilegiando lo studio in altre cellule che presentavano condizioni più promettenti per l’osservazione. Chang e colleghi, quando sono riusciti a visualizzare mediante una tecnica di microscopia elettronica (ME) a super-risoluzione avanzata i nanotubi dendritici formanti ponti tra neuroni piramidali in un preparato di tessuto cerebrale della corteccia visiva di topo, hanno sottoposto al vaglio di una classificazione basata su machine learning le strutture in esame, per distinguerle analiticamente su base morfologica dalle giunzioni di tipo sinaptico, e hanno ottenuto una piena conferma dell’evidenza visiva.

La distinzione tra questi ponti nanotubulari inter-dendritici e tutte le altre propaggini o estroflessioni di membrana delle cellule nervose, si è compiuta con piena evidenza nello studio dei neuroni in coltura: le nuove strutture si formavano dinamicamente e possedevano una struttura interna unica e inconfondibile. Da un punto di vista funzionale creavano soprattutto una via intensamente percorsa dalle segnalazioni di Ca2+ tra neuroni connessi, e questo specifico scambio di segnali di calcio scompariva bloccando la formazione delle strutture nanotubulari.

Come si è già detto nella sintesi più sopra riportata, per verificare se queste nanostrutture fossero in grado di trasportare molecole patogenetiche, quali peptidi e polipeptidi implicati nello sviluppo delle patologie neurodegenerative, i ricercatori hanno iniettato peptidi beta-amiloidi (βA) umani implicati nella malattia di Alzheimer in un singolo neurone di una sezione sottile di tessuto cerebrale murino, rilevando che presto i peptidi βA attraversavano i ponti dinamicamente formati e raggiungevano tutte le cellule nervose cerebrali circostanti. La certezza che il fenomeno di diffusione fosse da attribuire specificamente a questo attraversamento invisibile senza ME a super-risoluzione, si è avuta con la verifica mediante inibizione della formazione dei nanotubi: in assenza dei nano-ponti, i peptidi βA rimanevano in massima parte confinati nella sede di iniezione.

Non ripetiamo quanto già scritto più sopra circa l’osservazione sperimentale nel modello murino di malattia di Alzheimer, limitandoci a sottolineare l’evidenza di una rete nanotubulare precocemente alterata e iperattiva rispetto alle condizioni fisiologiche.

In conclusione, questo studio fornisce la prima caratterizzazione esaustiva della rete di ponti nanotubulari interdendritici presente nel cervello, stabilendo la prima base morfo-strutturale della comunicazione non-sinaptica tra singole cellule nervose e intere reti di neuroni; inoltre, dimostra che la rete nanotubulare rappresenta la via di diffusione precoce dei peptidi βA nella malattia di Alzheimer e, potenzialmente, di altre molecole rilevanti nella patogenesi delle malattie neurodegenerative.

Sicuramente questa scoperta apre nuove vie e nuovi orizzonti alla ricerca sulla comunicazione intercellulare, sulla connettività dell’encefalo e su patogenesi e fisiopatologia di numerosi processi neuropatologici.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-01 novembre 2025

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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